venerdì 11 marzo 2016

The danish girl ovvero sulla diversità

Continuando con la rubrica Spazio-Athèna vorrei parlare di un film che ho visto questa settimana al cinema del regista Tom Horper, The danish girl, un film che mi ha particolarmente colpita e che mi ha fatto molto riflettere sul concetto di diversità.
Il film è, innanzitutto, un adattamento del romanzo La danese, scritto nel 2000 da David Ebershoff e narra la storia del pittore paesaggista della Danimarca di inizi del 1900 Einar Wegener. Egli è il primo transgender ad aver tentato l'intervento chirurgico finalizzato al cambio di sesso.
Tutto sembra iniziare ( e dico sembra perchè in seguito si scoprirà che nulla è casuale) come un gioco con la moglie Gerda, anche lei pittrice e interpretata dalla bravissima premio Oscar Alicia Vikander, quando inizia a posare per lei vestito da donna. Lentamente, però, Einar si accorge di sentire due anime diverse e contrastanti dentro di sè: l'uomo Einar e la donna Lili e non riesce più a smettere di vestire abiti femminili, anzi piano piano comincia sempre più ad emergere la donna repressa che era in lui. I medici del tempo vorrebbero farlo internare poichè credono sia schizofrenico. Einar sembra spegnersi dentro fino a quando l'incontro con un chirurgo, che gli propone un'operazione mai tentata prima e alquanto rischiosa, quella appunto del cambio di sesso, riaccende in lui il barlume della speranza.
Scavando nel suo vissuto si scoprirà che Einar è sempre stato intrappolato nel suo corpo di uomo, che ha voluto soffocare la sua natura di donna, arrivando persino a sposare Gerda. La moglie, è senza dubbio per me,  la forza motrice del film (nulla togliere al protagonista Eddie Redmayne, che ho trovato superlativo). Gerda si destreggia tra la sua voglia di sfondare in campo artistico e il suo matrimonio che via via vede declinare, tanto che finirà con il non riconoscere più l'uomo che ha sposato e che continua ad amare.
Il film nel raccontare tutto ciò è delicato, elegante, commovente, non cade mai nella volgarità. La scena finale soprattutto, quando dopo la morte di Einar/Lili, Gerda si reca nel luogo che il marito aveva sempre provato a dipingere, rimanendone insoddisfatto, e le vola di mano, spinto dal vento,  il fazzoletto che Lili le aveva donato prima di partire per tentare il suo primo intervento, credo sia la scena più commovente del film, quella che mi  ha fatto piangere. Il volo del fazzoletto indica che finalmente l'anima di Lili è libera, libera da un corpo che non l'aveva mai resa felice, libera d'innalzarsi insieme al vento, leggera e soave come i suoi gesti da donna.
The danish girl è senza dubbio una grande storia d'amore: di amore tra un uomo che vuole ritrovare se stesso  e nel far ciò rischia la propria vita, e una donna che ama talmente il marito da rinunciare e sacrificare il suo matrimonio, pur di vederlo felice e fargli realizzare il suo sogno. Credo siano queste le cose che più mi  hanno colpita: la forza di questa donna, e il tema della diversità affrontato in modo tanto delicato. Mi sono allora chiesta perchè una persona deve essere considerata pazza e malata solo perchè dentro di sè ha un'anima che contrasta con il proprio corpo? Cos'è in fondo la diversità? A mio avviso è solamente uno dei tanti preconcetti creati dalle istituzioni umane. Penso che siamo tutti in fondo dei diversi e ciascuno debba essere libero di esprimere la propria diversità nel modo in cui più gli aggrada: che sia vestendo da donna come Einar/Lili o in qualunque altro  modo, nessuno ha il diritto di dirci chi dobbiamo essere. Nessuno deve far si che un essere umano sopprima la propria identità solo per stupide convenzioni sociali.



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